T. Carpentieri

L’Uovo della creatività collettiva
L’opera d’arte contemporanea tra forma e messaggio

di Toti Carpentieri

Occupandoci, per mestiere, delle cose dell’arte, più volte ci siamo trovati a riflettere sul suo senso e sul suo significato, nella speranza di trovare risposte esaustive ad un interrogativo che parte da lontano. Molto da lontano, in verità. E che ha impegnato, nel tempo, filosofi, scienziati, critici ed artisti, tra affermazioni veritiere ed erronee, condivisibili, contraddittorie, assolute.
Accade allora che nel respingere, a livello personale, la dimensione mendace dell’arte di cui parla Platone, e nel prendere atto del suo valore di “mimesi” secondo Aristotele, di quello filosofico di Friedrich Schelling, di quello veritiero che mette insieme Martin Heidegger e Wolf Vostell, di quello affermativo di Joseph Kosuth che vede l’arte come definizione dell’arte, di quello razionalistico di Thomas Wiesengrund Adorno, ci piaccia, sollecitati dall’aver seguito con attenzione e coinvolgimento la complessità del lavoro creativo di Anna Seccia, condividere pienamente il pensiero di Leon Battista Alberti che intende l’arte come conoscenza, riconoscendo alla stessa una pluralità di significati che convivono in un solo significante.
E non è forse conoscenza, infatti, la finalità prima di quel coinvolgimento fisico e mentale, ampio e progressivo che Anna Seccia fa da tempo immemore, con “La Stanza del Colore”, nell’attuazione di una creatività allargata che amplia la dimensione e la funzione dell’arte, tra cultura, comunicazione e socialità! Guardando all’arte come processo collettivo autogestito, messo in moto dall’artista, teso a trasformarsi in opera aperta, singolare e plurale, soggetta a molteplice e variabile fruizione. Nella costruzione/invenzione di immagini che sollecitano ed incentivano la fusion tra gli aspetti sensoriali dell’esperienza e il pensiero.
All’interno di una tale metodologia, si inserisce anche l’evento de “L’arte che unisce: l’uovo della creatività collettiva”, l’installazione/opera aperta che definisce e suggella, dopo un percorso temporale attuatosi in tre steps successivi, il progetto nato con “Illuminazione: l’arte è cosa (mia) nostra”, il lavoro di Anna Seccia esposto nell’ “Aurum – La fabbrica delle idee” di Pescara nell’ambito della mostra “Lo Stato dell’Arte/Abruzzo”, l’iniziativa speciale del Padiglione Italia della 54. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, curato da Vittorio Sgarbi, nel segno inequivocabile del centocinquantesimo dell’unità nazionale.
Un’opera, quindi, o meglio un’installazione che nella sua struttura, nella sua costruzione e nel suo significato vuole proporsi come “messaggio di solidarietà e di incontro tra arte e territorio”, ma anche quale fondamento di un’emozione che coinvolge infinite individualità nell’attuazione di un progetto globale, giocato tutto tra condivisione e unità. E che si concretizza nell’uovo individuato –nella piena constazione delle sue mille significazioni reali, simboliche, allegoriche e strutturali, e ben oltre le stesse- quale modalità unitaria espressiva, nel coinvolgimento degli ottocento autori/artisti/giovani anonimi, nel successivo assemblaggio/modificazione spiraliforme da parte di Anna Seccia, e si conclude nella sua finale e reale frammentazione tra Roma Capitale, Pescara e il Vittoriale di Gardone Riviera (la memoria, e il legame con il Vate e la sua riconosciuta italianità) conferendo ad ogni “frammento” l’autonomia dell’opera e la tangibile completezza del messaggio tra appartenenza e accrescimento.
Identificando l’arte, ancor più in quella sua modalità collaborativa/partecipativa che caratterizza l’operatività di Anna Seccia, come superamento di ogni divisione possibile e percorso rivolto all’interezza e all’unità.

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